sabato 22 settembre 2012

NME 12 sep 2012: Peter Hook parla del 'vero' Ian Curtis [articolo tradotto] - parte 1


Sul numero del 12 settembre 2012 di NME (storico magazine musicale inglese) appare un interessantissimo articolo a Peter Hook, dove quest'ultimo parla dei Joy Division e di Ian Curtis, per com'era veramente. Noi di Newtopia l'abbiamo tradotto per voi, in due parti. Traduzione a cura di Matt. Un ringraziamento speciale alla nostra fan di facebook Roy per averci passato la versione originale, permettendoci così di tradurla.

-Tratto da NME del 12 settembre 2012-

 “Ciò che non è mai veramente venuto fuori è l’ Ian che vedevamo nella band”

In un estratto in esclusiva mondiale dal suo nuovo libro, “Unknown Pleasures: inside Joy Division”, Peter Hook alza il velo sulla band post-punk di Manchester, mostrando la differenza tra il vero Ian Curtis e tra quello mitologicizzato.

“Ho iniziato a scrivere il libro prima di rimettermi a suonare i pezzi dei Joy Division”dice l’ex bassista Peter Hook sul suo nuovo lavoro. “Così, in un certo qual modo, mi sono ritrovato immerso nella cosa. Stavo scrivendo ogni dettaglio che mi veniva in mente. Pensavo sarebbe stato catartico, ma alla fine mi sono reso conto che sono colpevole quanto qualsiasi altra persona. Non ero assolto. Non ho mai capito perché Ian lo fece. E’ stato catartico nel senso che sono riuscito a scrivere la storia dal punto di vista di un membro della band. Ma non mi ha mai liberato dalla colpa che sentivo riguardo Ian ”.
“La storia dei Joy Division, con la morte di Ian, sembrava aver raggiunto la fine, aver guadagnato lo status di leggenda del rock’n’roll, così com’è accaduto anche con i Nirvana. Questo è quello che succede alle band quando soffrono: vengono immortalate. Ian è rimasto come congelato nella storia. Io, Bernard e Stephen siamo invecchiati intorno a lui, ma lui è rimasto lo stesso. Questa è una strana sensazione”.
Questi sono alcuni ricordi che Peter ha di Ian, lo Ian-uomo più che lo Ian –leggenda.

Peter, Bernard e Ian parlarono per la prima volta allo show dei Sex Pistols al Manchester’s Electric Circus, nel 1976. 

“Lui risaltava tra la gente. Io e Barney eravamo in cima ad una scala guardando in basso, e luì è salito, così ci siamo messi a parlare, visto che lo avevamo già visto in giro.  Quali sono state le prime parole che gli abbiamo detto? Cazzo, non me lo ricordo. Forse qualcosa tipo ‘Non ci siamo già visti allo squat [penso si riferisca all’occupazione di un locale pubblico ad una manifestazione, ndr] ?‘ Era solo un ragazzino con la scritta ‘Hate’ sul cappotto, un normalissimo ragazzino. Noi chiaramente eravamo dei punk, e dovevamo sembrare particolarmente selvaggi in confronto a chiunque altro, ma lui sembrava normale rispetto  a noi. Era simpatico, aveva una parlata delicata e un acuto senso dell’umorismo … Abbiamo iniziato a vederlo più spesso. Era di Oldham ed era sposato, il che ci ha un po’ scioccato-non il fatto che fosse di Oldham, ma che fosse sposato. Cioè, voglio dire, sposato. Avevamo appena lasciato le superiori. O sembrava come se le avessimo appena lasciate. Potremmo dire che lo abbiamo danneggiato un po’. Quando lo abbiamo conosciuto era un uomo sposato, e si comportava da tale. Se una ragazza figa passava per strada,  io e Barney la guardavamo, ma Ian non le avrebbe dato un secondo sguardo. Era giusto quel po’ più gentiluomo di noi. Dopo poco tempo, se una ragazza figa passava per strada, lui si comportava esattamente come noi. L’ho capito con il tempo…  Riguardandomi indietro, ho capito che lui era esattamente così, uno che si faceva influenzare molto dalla gente; poteva essere qualsiasi cosa tu volevi che fosse. Un’anima poetica, sensibile e torturata. E’ così che è stato mitologicizzato, e così effettivamente era. Ma poteva anche essere uno di noi – era uno di noi, per quanto ci riguardava…  Adattava il suo comportamento a seconda di con chi si trovava. Penso anche che questo fosse un aspetto del suo carattere che ha finito per danneggiarlo.

Dopo una scoraggiante prima esibizione alla London’s Hope & Anchor il 27 dicembre del ’78, con la band ci dividemmo in strada, non dimenticate che al tempo non c’era traffico. Potevi restare per nel 
tratto peggiore della M1 per un’ora e non vedere nemmeno una macchina. Chiaramente non potevamo accendere il riscaldamento perché consumava benzina, così ci siamo infilati tremando nel taxi, sfregandoci le mani tentando di mantenerle calde, riflettendo sul da farsi con la band. Forse ci saremmo lamentati, forse si saremmo fermati a mangiare qualcosa… Alla fine decidemmo di tornare a casa. Ad ogni modo, qualche giorno dopo ho telefonato a uno degli altri, che mi ha detto cos’era successo. Mi ricordo solo che pensai ‘Merda, c’è qualcosa che non va con Ian’. Durante il viaggio di ritorno dal concerto, in macchina c’era stato un piccolo alterco. Sconsolato dalla brutta performance, Ian aveva parlato di lasciare la band e poi ha strappato a Barney il suo sacco a pelo. Dopo esserselo arrotolato attorno alla testa, iniziò a scuotersi battendo contro i finestrini e la porta dell’auto. Gli altri si fermarono e scesero dalla macchina per cercare di farlo rinsavire.”

Il 22 agosto del ’79, la scrittrice di fanzine belga Annik Honoré, intervistò la band. Sarebbe in poco tempo diventata l’amante di Ian.

La cosa che mi preme della deificazione di Ian è che suggerisce che ci fosse una vera differenza  tra la lui e il resto della band, che in realtà non c’era. Il fatto che lui fosse una persona diversa con Annik e Debbie [sua moglie, ndr]non è in dubbio, proprio per la mutevolezza del suo carattere in base alle persone con cui si trovava.
L’Ian che stava con Debbie è quello di cui lei parla nel suo libro. E’ quello che vedete anche in Control (film del 2007 sulla band). dove si vede anche la versione di Ian che stava con Annik. Ma quello che non vedete-e che non è mai emerso- è l’Ian della band.  Questo perché non quadrava con il mito che è stato costruito su di lui, che preferisce l’idea che lui fosse su un altro piano rispetto al resto di noi. Lui amava il lifestyle, e avrebbe resistito molto di più se non fosse stato per l’epilessia. Amava la musica e amava il gruppo. Era il nostro compagno. Quando il roadie della band Terry trovò una strana merda nei bagni del Leigh Open Air Festival, e l’ha fatto vedere a tutti, perché era veramente grosso-il più incredibile stronzo che io abbia mai visto-lui non è corso a consultare un libro di Dostoyevsky per sapere come comportarsi, come avrebbe fatto se fosse stato con Debbie o Annik. No, lui rideva esattamente come noi. Proprio come uno di noi.
Penso sia questo che intendo quando dico che abbiamo avuto il meglio di Ian e bisogna anche spendere un pensiero a Debby, che se lo vedeva tornare a casa completamente devastato. E’ questo che fa una band: lo prendi, lo porti via e poi lo riporti a casa, lasciando qualcuno a raccoglierlo e mettere insieme i pezzi.”

Dopo un concerto al Plan K a Bruxelles il 17 gennaio del 1980, si comportarono in modo veramente depravato…

“Twinny venne portato via e finì nel letto di Barney, con lui dentro. Così Barney si alzò di botto e sbattè la testa contro il termosifone. Era così incazzato che prese una bottiglia di aranciata e la ruppe contro il radiatore per rovesciarla sul letto di Twinny. La risposta di Twinny fu di rompere due bottiglie di Duvel e rovesciarle nel letto di Barney, e a quel punto tutti li stavamo intimando a smetterla prima di farsi male. Allora Ian lo ha tirato fuori e si è messo a pisciare nel nostro posacenere. E’ veramente ironico ripensarci, Ian si girava mentre pisciava dicendo ‘Ahah visto segaioli? Sto pisciando nella vostra stanza!’ Era una di quelle pisciate che sembra durare in eterno, come quelle degli asini, e noi lo stavamo insultando, quando un custode arrivò nella stanza scortato da due tizi della sicurezza. Il ragazzo era incazzatissimo. Ian non rideva più. Stava cercando di ritirare il cazzo nei pantaloni mentre il custode stava diventando paonazzo dalla rabbia insultandolo in francese mentre noi lo insultavamo in inglese… Allora non sembrava tanto divertente”.

In supporto ai Buzzcocks al Bournemouth Winter Gardens il due novembre del ’79, l’epilessia di Ian prese la piega peggiore

“Le crisi di Ian arrivavano sempre verso la fine dei concerti. Quella sera ne ebbe una all’inizio dello show, che dovemmo annullare. E’ durata un’ora e mezza, con me e Rob che facevamo a turni nello spogliatoio per tenere fermo il suo corpo, e ancora una volta con io che gli tenevo la lingua ferma per non farlo soffocare. Cristo, era spaventoso.  Ritornò in sé guardandoci con gli occhi fuori dalle orbite. ‘Ian’gli dissi ‘Mi senti? Dovremo portarti all’ospedale’ Lui scosse la testa. Sì mi aveva sentito, ma non voleva andarci all’ospedale.  Non ha mai voluto, non voleva essere un peso o rovinare tutto, questo era lui. ‘Ascolta Ian non è giusto; hai sopportato fin troppo, ti ci portiamo, che tu lo voglia o no.’ All’ospedale hanno avuto la grazia di tenerlo nella sala di consulenza mentre noi aspettavamo in quella d’attesa. Dopo un po’ uscì fuori. Un po’ pallido. Un po’ giù di corda. Ma diverso. ‘Tutto ok Ian?’ ‘Sì sì tutto ok, non vi preoccupate. Per Ian ‘normale’ stava diventando mangiare cibo di merda, non riposarsi, incazzarsi, viaggiare tutto il tempo, guidare da città a città. Esattamente l’opposto di quello che avrebbe dovuto fare.”

Il programma della band rimase folle durante il tour con i Buzzcocks.

Una notte, intorno alla notte dei fuochi d’artificio, io, Terry, Dave Pils, Rob e Steve irrompemmo nella stanza di Ian e Barney, che erano con due ragazze. Dave lanciò un paio di petardi nella stanza, e uno atterrò sulla camicia di Barney, che prese fuoco. Barney diventò paonazzo, incazzatissimo. Dopo averla spenta, iniziò ad insultarci in tutti i modi e ad urlarci dietro, sventolando la camicia. Di risposta, noi lo mandammo a fanculo, e se lo meritava… Ian pensò fosse ilare e queste due ragazze, completamente nude, erano terrificate, poveracce: la loro stanza improvvisamente piena di ragazzi del nord che lanciavano petardi in giro, davano fuoco a vestiti e si insultavano a vicenda. Non proprio il tipo di festino erotico che speravano.”

La pressione dei problemi matrimoniali e l’essere in tour iniziano ad essere un peso per Ian.

“Dopo essere tornati dal tour europeo, Ian si sgolò una bottiglia di Pernod e si tagliò con un coltello – un fottuto coltello da cucina. Dopo poco io e gli altri gli parlammo della cosa. ‘Per che cazzo di motivo lo hai fatto, Ian, pazzo bastardo?’ ‘Oh, era solo una di quelle cose così’ disse scuotendo le spalle ‘Ero un po’ giù e mi sono fatto trasportare dalla cosa, sai…’
“Ma veramente no. Non sapevo… Ci siamo scordati del fatto che avesse aggiunto l’autolesionismo alla lista. E andammo avanti. Con la benedizione di Ian andammo avanti; Ian, che più di tutti noi voleva assaporare i frutti del successo, e non voleva che la sua malattia si mettesse sulla nostra strada; Ian, che ci sosteneva 
sempre dopo uno show di merda.”

Il 7 aprile 1980, Ian finì in overdose di fenobarital a casa.

“E’ stato suggerito che avesse preso le pillole per un secondo fine, temendo la possibilità di danni al cervello o al fegato più che per morire, o che fosse un pianto di aiuto. Qualunque fosse la ragione, ha allertato Deborah e fu immediatamente portato all’ospedale di Macclesfield, dove gli fecero una lavanda gastrica. Il giorno dopo, Pasquetta, Tony Wilson, Alan Erasmus e Rob Gretton presero Debby e la portarono a visitare Ian in ospedale. Venne suggerito che Ian stesse con Tony e sua moglie Lindsay al loro cottage a Charlesworth, per allentare le pressioni matrimoniali… Intanto, Rob Gretton decise che lo show del giorno dopo si sarebbe dovuto fare comunque, come da programma, anche senza Ian. Sarebbe dovuto venire Alan Hempsall dei Crispy Ambulance, un grande fan. Ma la sera dello show, trovò lì di sorpresa Ian. Grett era andato a trovarlo in ospedale e lo aveva convinto a cantare – per almeno uno o due pezzi…
 “Avremmo dovuto cancellare tutto, è chiaro, ma ci servivano soldi per il tour americano, e,  se fosse stato cancellato, avremmo dovuto pagare una penale. Non lo so, ma abbiamo deciso di farlo. Odio dirlo, ma per una volta era stato confortante poter suonare ad uno show senza preoccuparci delle condizioni di Ian. Perché, dopo lo shock iniziale di lui che cercava di rimettersi, ti sentivi come, ok, questa è una cosa spaventosa, ma almeno non è andato fino in fondo. Invece cambiò idea. Decise di vivere. E non di morire.

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